Il rosso amore. Cento poesie erotiche di Roberto Piumini

Amar es un combate de relàmpagos
Y dos cuerpos por una sola miel derrotados.
[Pablo Neruda]

Nato in Valcamonica alla fine della prima metà del secolo scorso e alloggiato fra Milano e Buonconvento, l’autore, a p. 105 del libro (Interlinea, Novara, 2021), così accenna al suo mestiere: «Per bambini e ragazzi è tra gli scrittori italiani più conosciuti e i suoi testi sono tradotti anche all’estero. Per i lettori adulti e autori di romanzi e di fortunate raccolte di poesia».

La dicotomia bambini-adulti che, rinviando alle proposte cinematografico-letterarie in tempi di bieca censura, qui lascia il passo ad una visione integrale dell’uomo in cui l’amore fa recedere l’adulto all’infanzia e alla felicità del primo e naturale manifestarsi del piacere erotico (p. 87):

Un desiderio strano: fare un sogno
come quelli dell’adolescenza,
quando avveniva per puro bisogno
e per peccaminosa continenza.
Erano sogni caldi, e nel sognare
Il ventre si scioglieva in godimento,
senza le pene irose, dure e amare
del tormentoso e cupo pentimento.
Al mattino era secco, un po’ dorato
Sul lenzuolo caldissimo: vorrei
avere adesso un sogno innamorato
di te, e sognarti in sogno come sei,
e perdere quel seme addormentato
come si perde, sorridendo, il fiato.

La consistenza non casuale del volume, 100 poesie, rimanda ad altre analoghe: pensiamo, ad esempio, oltre alle classiche raccolte narrative come le «Cento novelle antiche» dell’Ur-Novellino o al «Decamerone», alle «Cento poesie d’amore a Ladyhawke» di Michele Mari, risalente nel tempo (1955) e molto gettonata dagli adolescenti per i loro pizzini d’amore; ma, soprattutto, ci sovvengono i «Cien Sonetos de Amor» di Pablo Neruda che hanno in comune il numero dei versi (quattordici) ma non le tematiche: in Neruda infatti abbondano le metafore agresti o esterne al rapporto nonché un certo «amor-mortis» che trasuda nell’ultima parte del libro.
I componimenti di Roberto Piumini sono acefali (quelli nerudiani seguono i numeri romani ordinali) e si possono raggruppare nei sonetti veri e propri, che occupano le pagine dispari del libro, e quelli che occupano le pagine pari che, pur seguendo per dodici versi le rime alternate del sonetto, nell’ultimo distico che in genere contiene la «morale» della fabula sviluppata in precedenza.
Ad esempio a pagina 56 il poeta ipotizza che al momento dell’orgasmo alla partner sfugga di bocca il nome di un altro uomo; lui non se ne sarebbe minimamente offeso («io non m’accascerei … facendoti domande amare e dure, // non troverei quel fatto così brutto»)

forse preferirei, tutto sommato,
essere io presente e lui chiamato.

E così, a pagina 70, troviamo un’altra «ipotesi di scuola» nella quale la retorica delle parole finisce per stravolgere la realtà che il poeta poi rimette in primo piano nel distico finale: quella che l’amore sia un sogno che farebbe aggio sull’amore empirico («come davanti a una realtà più vile»):

Fare sesso è certamente meglio
che fare sesso non essendo sveglio.

E, per non far torto alle dispari, prendiamo la pagina 75 dove nelle prime due strofe si celebra l’epopea dell’orgasmo congiunto («meravigliata e doppia commozione») che i due partner si sforzano di costruire ricorrendo a molteplici accorgimenti; ma subito dopo, nelle due terzine finali, la tensione della prodezza si attenua in un ironico sorriso che mette in piazza la disfatta del «masculo» e la generosità compiacente della donna.

Ora dentro di te vado sfiorendo,
ricoverandomi in mite unità,
rientro nei miei limiti, m’arrendo.
Però senza sospetto di viltà,
all’umana stanchezza, e tu, sentendo,
ti stringi attorno alla mia umiltà.

Cosa fare di fronte ad un’altra situazione topica, quella dell’«indisposizione» della donna, fonte di tanti ed indicibili fraintendimenti fra i partner? Piumini, pagina 62, si supera nello «scioglimento» (ah, quanto siamo distanti dall’utrum an di Pietro Aretino!) in versi dell’imbarazzante situazione:

Succede che in libertà, accettando
le regole, si giochi la partita:
faremo come i fidanzati quando
fanno filosofie sopra la vita.
Poi, più che fidanzati, come amanti
che sanno bene le corpografie,
perlustreremo piste interessanti,
attive alternative e nuove vie.
Si arrende a una gioia sedentaria
chi non conosce come il corpo varia.

Ecco, il libro è costruito intorno a questa leggerezza di fondo intorno alle situazioni amorose più varie e con gli strumenti più variati della retorica: enjambements, metafore, allitterazioni, anafore (si veda, in particolare, quella con la parola «voglia » a p. 41) ed altre cose ancora concorrono a narrare in modo ironico e pacificato il sentimento di cui si è nutrita la letteratura universale.
E sia concesso un’ultima citazione dal sonetto di pagina 63. Si prende spunto dalla smania femminile di coltivare in primavera ogni tipo di fiori per arrivare a farla combaciare, in modo originalissimo, con la fantasia erotica dell’amante:

Io questa sera me ne andrò girando
nel fresco della notte inazzurrata,
e sceglierò un fiore. Dopo, quando
sarai a letto, aperta nel richiamo,
infilerò, con pazienza beata,
il fiore dentro il vaso che più amo.

 

Giuseppe Mario Tripodi

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