TERRE DESOLATE – La multiutility A2A e l’abbandono dei beni immobili, dei beni collettivi in terre di Calabria

Con questo giornale ci siamo più volte occupati di quella che è l’economia direttamente connessa allo sfruttamento dell’acqua per uso industriale, della produzione di energia elettrica attraverso gli impianti idroelettrici della Sila.

Dopo la privatizzazione e i diversi passaggi societari, da circa quindici anni la proprietà degli impianti è nelle mani della multiutility A2A, con sede legale a Brescia, la città dei padroni del tondino.

Abbiamo scritto spesso criticamente contro la gestione privata di A2A, non per partito preso o per chissà quali pregiudizi, quanto per valutazioni principalmente economiche, perché in un secolo di storia questi impianti hanno rappresentato il benessere economico di un territorio, con forti ricadute occupazionali e con costanti investimenti sull’intera infrastruttura.

Quella che rappresentava un’importante economia per il territorio, è diventata negli ultimi anni un qualcosa di marginale, per nulla proporzionale allo sfruttamento delle acque e del business della produzione dell’energia elettrica. 

Rispetto a pochi anni addietro, il livello occupazionale sugli impianti si è ridotto al minimo, per nulla paragonabile ai tempi dell’Enel. E non si venga a dire che l’Enel era statale, perché anche ai tempi della Sme i livelli occupazionali erano di gran lunga quelli attuali. 

Dunque una scarsa ricaduta occupazionale.

Abbiamo parlato negli ultimi anni degli accordi, delle transazioni effettuate tra A2A e l’amministrazione comunale di Cotronei. Transazioni tutte al ribasso e dove A2A è riuscita a risparmiare un bel po’ di quattrini, come dalle tassazioni tributarie sui manufatti oppure dalle bonifiche del territorio. A tal proposito, come merce di scambio per le mancate bonifiche, si era prevista la realizzazione di un Ecomuseo: si sono perse le tracce, i soldi e quant’altro. Se non ricordiamo male, nelle clausole dell’accordo era specificato che la stessa A2A avrebbe controllato sulla realizzazione dell’Ecomuseo, perché la stessa transazione era finalizzata per un bene collettivo. Eh già, i beni collettivi.

In questo numero vogliamo parlare ancora di altro, ovvero dei beni immobili (sempre di beni collettivi si tratta) di proprietà di A2A deturpati o lasciati nell’abbandono totale. Citiamo qualcosa, piccoli fotogrammi sul territorio.

Negli ultimi due numeri del giornale ci siamo occupati della ristrutturazione della casetta di guardiania della diga sull’Ampollino, un gioiello di architettura dei primi anni del Novecento con l’utilizzo del granito scalpellato della Sila, e che era stata violentata selvaggiamente con volgare intonaco di cemento. Un intervento folle e vergognoso da parte della multiutility A2A.

Con il giornale denunciammo immediatamente quanto si stava realizzando, chiedendoci, altresì, se le soprintendenze, i comuni o chi altro, avessero poteri di controllo e vigilanza, oltre a quelli di concedere le necessarie autorizzazioni quando si tratta di strutture storiche. Evidentemente avevano questi poteri perché i lavori vennero bloccati. 

È trascorso un anno e non si comprende perché è tutto fermo, non si muove foglia. Come se si volesse far scorrere un pò di tempo, per poi terminare i lavori in virtù di un reato finito in prescrizione  o di qualche condiscendente dimenticanza istituzionale.

È trascorso un anno. Cosa si aspetta? Soprintendenze, i comuni o chi altro, a questo punto, dovrebbero imporre alla multiutility A2A di ripristinare la struttura com’era in precedenza, con il suo bel granito scalpellato della Sila, e provvedere velocemente a rimuovere quell’impalcatura che deturpa la bellezza di uno dei luoghi più belli: la diga sul lago Ampollino.

Altra questione, altro fotogramma sul territorio. 

Gli impianti idroelettrici della Sila sono serviti di strade, alcune sterrate, altre asfaltate, realizzate contestualmente agli impianti e che hanno avuto, nel corso dei decenni, un’ordinaria manutenzione. Negli ultimi anni si registra un progressivo abbandono nella manutenzione delle strade. Alcuni casi sono macroscopici.

La strada, in gran parte sterrata, che dalla chiesetta degli Ardorini porta alla presa sul Tacina è diventata impraticabile. È una strada strategica, perché porta anche al Crocifisso della Chiesola, luogo di interesse storico, e termina appunto dove una parte del fiume Tacina entra in tubazione per arrivare nel lago Ampollino. 

Questa strada è stata sempre perfettamente manutenzionata dalle società che in cent’anni hanno gestito gli impianti. Adesso non si comprende perché A2A non riservi una spesa fissa del bilancio nella manutenzione di questa e di tutte le altre strade. Non è possibile pensare soltanto al profitto e sempre meno al territorio dal quale si sfruttano le risorse.

Per comprendere meglio qualche aspetto critico sulla strada che abbiamo citato, da un paio di anni il percorso escursionistico della “Valle del Tacina” non si può fruire come nel passato (con la risalita del fiume Tacina, uno dei percorsi più belli della Calabria). L’associazione di Cotronei Il Barattolo (giusto per dare un esempio) ha ripiegato la partenza del percorso dal lato Spineto.

Non è giusto.

Ultimo fotogramma, per non farla troppo lunga, ma ci proponiamo di ritornare su analoghi argomenti in altri numeri del giornale.

Esistono molte strutture ormai nell’abbandono totale. Edifici che fino a pochi anni addietro mostravano lustro e dignitosa funzionalità, adesso sono lasciati a marcire. 

Un caso macroscopico è rappresentato dal villaggio di Savuto, dove insiste l’omonimo lago. L’insediamento, adiacente alla centrale e vicino allo storico casolare Camporotondo, è costituito da una chiesetta, tre grandi palazzine, uno spazio per circolo ricreativo e un grande magazzino. In una palazzina abitavano i turnisti della centrale. Le altre due venivano utilizzate in estate dai villeggianti del circuito aziendale (il welfare per i dipendenti e le loro famiglie. Esiste ancora oggi?).

Era, fino a pochi anni addietro, un luogo vivo, utilizzato.

Adesso è inguardabile. Tutto abbandonato, sfasciato, deturpato. In un sopralluogo che abbiamo realizzato nel mese di settembre come Cotroneinforma, abbiamo documentato una situazione a dir poco da responsabilità penali. In quel luogo esiste al momento una grave situazione di degrado ambientale, da denunciare nelle forme e nelle sedi opportune.

Non è possibile mantenere quel luogo in modo così indegno, in spregio all’ambiente, alla storia e all’economia del luogo.

Post scriptum – Per una strana coincidenza, abbiamo scoperto delle analogie architettoniche. La palazzina di Savuto, quella che un tempo era adibita ai dipendenti della centrale, è molto simile a Villa Pischel a Serrada di Folgaria in provincia di Trento. Basterebbe una ricerca nell’archivio dell’Enel per scoprire se all’epoca venne utilizzato lo stesso progetto. 

Dunque, strutture molto simili (nella pagina abbiamo messo accanto le foto di entrambe le strutture, giusto per dare l’idea) ma con una differenza sostanziale: quella di Savuto è nel completo abbandono e fatiscente; quella di Serrada di Folgaria è un bene tutelato, valorizzato e che ha ricevuto il riconoscimento “Patrimoni viventi” dal Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali.

Ma di cosa parliamo in queste terre di Calabria?

 

da: Cotroneinforma n.148

 

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