Crisi idrica: a nudo i danni di mala gestione e privatizzazione

La crisi idrica mette a nudo i danni di mala gestione e privatizzazione dell’acqua

Stop alla distribuzione dei dividendi, tutti gli utili per la ristrutturazione delle reti idriche.

L’emergenza idrica è oramai un’evidenza conclamata, con effetti nefasti sulla disponibilità per uso umano, sull’agricoltura e più in generale sull’ambiente.

Si tratta di una drammatica realtà provocata dall’acuirsi dei cambiamenti climatici a cui, da oltre vent’anni, si sono sovrapposti i processi di mercificazione e privatizzazione dell’acqua.

I fautori dell’ingresso dei privati nella gestione dell’acqua avevano utilizzato come argomento forte la grande opportunità di apporto di capitali da parte di quest’ultimi per rendere più efficiente il servizio, per restrutturare le reti e costruire gli impianti di depurazione. Inoltre, grazie al mercato e alla concorrenza, il tutto sarebbe stato più economico per i cittadini.

La proposta comprendeva anche l’ovvio benificio all’ambiente visto che si sarebbe salvaguardata maggiormente la risorsa.

Vent’anni dopo le tariffe e le perdite delle reti sono aumentate, gli investimenti sono diminuiti, l’Italia è sotto procedura d’infrazione da parte dell’Unione europea per l’inadeguatezza del trattamento delle acque reflue.

E’ evidente che qualcuno non l’ha raccontata giusta.

Oggi i fautori del mercato e delle privatizzazioni, non contenti del permanere in tariffa, sotto mentite spoglie, della remunerazione del capitale investito abrogata dal referendum, sostengono che le tariffe non forniscono abbastanza soldi per fare gli investimenti per cui devono essere ulteriormente innalzate fino ad allinearsi ai livelli europei.

Che qualcosa non torni in queste argomentazioni è molto semplice dimostrarlo:

  • le quattro “sorelle dell’acqua” (IREN, A2A, ACEA, HERA), ossia le quattro grandi società multiutilitiy quotate in borsa, tra il 2010 e il 2014 hanno distribuito oltre 2 miliardi di € di dividendi ai propri soci, addirittura oltre 150 mln di € in più degli utili prodotti nello stesso periodo;
  • ACEA ATO 2 S.p.A. tra il 2011 e il 2015 ha distribuito in media come dividendo ai propri soci (quasi esclusivamente ACEA S.p.A.) il 93 % degli utili prodotti, ossia circa 65 mln di €/anno, per poi ottenere dalla stessa ACEA S.p.A. dei finanziamenti a tasso di mercato che utilizza per fare gli investimenti.

Utilizziamo questi esempi perchè le 4 multiutility rappresentano gli operatori più rilevanti del mercato italiano rifornendo complessivamente circa 15 mln di cittadini.

Mentre ACEA ATO 2 S.p.A. è un caso emblematico rispetto al fallimento del modello di gestione privatistico che ancora oggi si vorrebbe estendere a tutta Italia: perdite delle reti che sono quasi raddoppiate negli ultimi 10 anni, emersione del disastro ambientale dovuto all’abbassamento del livello delle acque del lago di Bracciano, la minaccia dell’azienda di razionare l’acqua a 1,5 mln di cittadini romani a seguito dell’imposizione dello stop alle captazioni dal lago, diminuzione degli investimenti.

I dati ci dicono in maniera palese che i soldi ci sono ma che non sono utilizzati per effettuare gli investimenti e garantire così un servizio essenziale, ma per remunerare gli azionisti (pubblici e privati), ossia il modello di gestione privatistico, secondo cui il costo totale del servizio idrico è interamente coperto dalla tariffa e l’affidamento viene fatto a soggetti privati, ha dimostrato il suo fallimento.

E’ necessaria dunque una radicale inversione di tendenza rispetto a questo modello, che si può realizzare unicamente con la ripubblicizzazione del servizio idrico e un nuovo sistema di finanziamento, basato sulla leva tariffaria, sulla finanza pubblica e la fiscalità generale. Parte integrante di questo modello di gestione pubblica è la predisposizione di un Piano nazionale per la ristrutturazione delle reti idriche.

In coerenza con quest’impostazione, a fronte della situazione di emergenza idrica che si è evidenziata in quest’ultimo periodo di tempo e che comunque ha caratteristiche strutturali, occorre mettere in campo rapidamente alcuni interventi in grado di aggredirla e dare ad essa soluzioni utili. In particolare, tre ci sembrano le misure prioritarie che si possono assumere in tempi brevi, anche attraverso una strumentazione legislativa come il decreto legge, che contempli:

  • la destinazione degli utili delle aziende che gestiscono il servizio idrico alla ristrutturazione delle reti idriche, sulla base del Piano nazionale ad esso dedicato;
  • incentivi all’ammodernamento degli impianti di irrigazione in agricoltura (ad es. irrigazione a goccia) e all’utilizzo delle acque piovane;
  • incentivi alla realizzazione di reti idriche duali ed all’installazione di dispositivi per il risparmio idrico nell’edilizia di servizio, residenziale e produttiva.

Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua​

Tratto da: acquabenecomune.org

Per ulteriori approfondimenti

cotroneinforma.org

acquabenecomune.org

italia.attac.org

 

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