La Calabria brucia ed è forte il sospetto che dietro agli incendi ci siano comportamenti dolosi. Ma la vastità delle aree coinvolte lascia dubitare che si tratti “solamente” di piromani. E se invece si trattasse di un problema di incentivi economici sbagliati?
di Matteo Olivieri
Ci sono alcuni “fatti” degni di nota che stanno caratterizzando gli incendi in questa bollente estate calabrese 2017. Un fatto è che gli incendi stiano interessando molti boschi fitti, spesso ubicati in zone interne e difficilmente accessibili. Un altro fatto è che gli incendi stiano interessando aree naturalisticamente protette, come parchi nazionali, Siti di Importanza Comunitaria, Zone di Protezione Speciale e perfino spiagge a ridosso di parchi marini o aree marine protette. Un ulteriore fatto è che spesso gli incendi si ripresentino in zone dove questi erano stati precedentemente domati, quasi a suggerire l’esistenza di qualche piromane in azione per “completare il lavoro”. Infine, un altro fatto è che si ha a che fare con incendi di vaste dimensioni, spesso favoriti dai venti o dall’intervento poco tempestivo dell’uomo.
Secondo il direttore della Protezione Civile della Calabria Carlo Tansi, “Il parco della Sila negli ultimi giorni e’ stato oggetto di una serie di attacchi criminali ben organizzati, con punti di innesco posizionati scientemente lungo le strade principali, ad anello intorno al parco, con l’intento chiaro di arrecare danno”.
L’ipotesi finora più accreditata ha attribuito il verificarsi degli incendi alla vicinanza alle centrali a biomasse, che potrebbero avere un interesse diretto allo smaltimento delle biomasse carbonizzate. Tale tesi è stata sostenuta dal Capo della Protezione Civile calabrese Carlo Tansi (che ha parlato di «attacchi criminali ben organizzati») e dal Generale Aloisio Mariggiò, commissario straordinario di Calabria Verde, ed è stata prontamente rilanciata dalla stampa regionale e nazionale, non senza destare scalpore. «C’è certamente anche un motivo di lucro – ha riferito Tansi – perché quando un albero si brucia, per legge deve essere rimosso entro un anno, e immaginiamo pure che questo legname possa essere utilizzato per le centrali a biomasse, quindi c’è tutto un business».
La Calabria dispone di una superficie forestale pari a 612.931 ettari e vanta un indice di boscosità pari al 41%, uno tra i più elevati in Italia.
Se sia effettivamente questa la vera causa degli incendi, è difficile dirlo. In fondo, le centrali a biomasse in Calabria esistono da tempo, mentre il 2017 è il primo anno in cui una situazione simile si verifica su così vasta scala. Vero invece è che nell’ambito del Piano di Sviluppo Rurale 2014/2020, i bandi per la “Misura 8-Investimenti nello sviluppo delle aree forestali e nel miglioramento della redditività delle foreste” (la cui scadenza è stata prorogata al 18 settembre 2017), vengono previsti finanziamenti per “l’imboschimento e creazione di aree boscate” (8.1.1), per la “prevenzione dei danni da incendi e calamità naturali” (8.3.1), per il “ripristino delle foreste danneggiate da incendi, calamità naturali ed eventi catastrofici” (8.4.1), per gli “investimenti diretti ad accrescere il pregio ambientale degli ecosistemi forestali” (8.5.1), nonché per gli “interventi in tecnologie forestali, trasformazione, mobilitazione e commercializzazione prodotti forestali” (8.6.1 ). In totale, la disponibilità finanziaria del bando è pari a 70 milioni di euro – corrispondente a circa il 70% dell’intero stanziamento assegnato alla Misura 8 per il periodo di programmazione comunitaria 2014/20.
Secondo Legambiente, nel 2017 gli incendi boschivi in Calabria hanno coinvolto finora 8 Siti di Importanza Comunitaria, 5 Zone di Protezione Speciale, 4 Parchi e Aree protette. La Calabria è tra le regioni che hanno perso il maggior patrimonio boschivo (666 ettari nei SIC, 3.427 nelle ZPS e 3.419 nelle Aree protette).
Dalla lettura dei bandi, si può notare come – ai fini della formazione delle “graduatorie di merito” – la selezione dei beneficiari (pubblici, privati o consorzi) e l’ammontare dei benefici concessi dipendano dal rispetto di alcuni criteri, tra i quali la localizzazione dell’intervento su superfici ricadenti in aree a vincolo idrogeologico (max 9 punti), o su superfici appartenenti alle aree a rischio incendio (max 8 punti), o ricadenti in zone con terreni a rischio erosivo (max 5 punti), o appartenenti a Siti Natura 2000 ed altre Aree Protette (punti 3), o Aree con svantaggi orografici e strutturali (max 12 punti). E la lista dei criteri potrebbe continuare. L’ammontare esatto del sostegno verrà quantificato in funzione delle attività effettivamente realizzate, fino ad un massimo di 500 mila euro per singolo piano di intervento. Oltre alle spese vive, viene riconosciuto per un periodo fino a 5 anni un ulteriore premio annuale unitario ad ettaro (a titolo di corrispettivo per i costi di manutenzione), che risulta così determinato: € 500,00 ad ettaro per i primi due anni; € 250,00 ad ettaro per il 3°, 4° ed il 5° anno. Inoltre, sempre nel bando si specifica che «i beneficiari del sostegno agli investimenti per l’impianto, conformemente alle disposizioni previste all’art.63 del Reg. (UE) 1305/2013 ed all’art. 45(4) del Reg. (UE) 1305/2013, possono chiedere il versamento di un anticipo non superiore al 50% dell’aiuto pubblico per l’investimento.» Come dire, i vincitori del bando potranno reclamare subito la metà della somma necessaria per realizzare le opere di cui si è richiesto il finanziamento. In questo modo il rischio d’impresa a carico dei privati è pari a zero.
Quello che stupisce in questo tipo di bandi è che l’ammontare del beneficio è teoricamente tanto maggiore quanto più vulnerabile è il suolo su cui si intende intervenire. Una situazione che potrebbe ingenerare comportamenti per nulla virtuosi nei proprietari di suoli rientranti nei criteri stabiliti per la Misura 8, che potrebbero essere tentati di agire opportunisticamente, sapendo di poter guadagnare facilmente enormi somme di denaro. In economia, questa situazione si definisce “azzardo morale”, e corrisponde all’assunzione irresponsabile di comportamenti rischiosi motivati dalla certezza di un guadagno. Può capitare, infatti, che alcuni individui assumano decisioni apparentemente illogiche (folli) per il semplice motivo che questi non rischiano assolutamente nulla dei propri soldi. Questa situazione è tanto più probabile che si verifichi quanto più si dispone di un vantaggio, che generalmente consiste nella disponibilità di informazioni riservate (p.e. la conoscenza approfondita dei luoghi può consentire di muoversi indisturbati).
L’azzardo morale è una situazione connessa all’assunzione irresponsabile di comportamenti rischiosi motivati dalla certezza di un guadagno.
Rimane il dubbio se questo tipo di bandi sia davvero in grado di promuovere lo “sviluppo delle aree forestali” o consenta il “miglioramento della redditività delle foreste”. Ma questa è una valutazione che non compete a noi fare. Invece, è legittimo chiedere che vengano eliminati i rischi di forme di vantaggio indebito, per impedire sul nascere la possibilità di comportamenti opportunistici dei proprietari di terreni. Per fare ciò sarebbe bastato che la Regione Calabria non annunciasse in anticipo l’intenzione di destinare fondi per il rimboschimento di aree percorse dal fuoco, né concedesse proproghe al bando, né annunciasse in anteprima i criteri utilizzati per selezionare quelli che nello stesso bando vengono definiti come “progetti migliori”. Questo tipo di informazioni concede infatti un indebito vantaggio (nel gergo tecnico si chiama “asimmetria informativa”) ai malintenzionati, laddove la Regione Calabria si priva volontariamente di quegli strumenti decisionali indispensabili per valutare la bontà dei progetti, e premiare così i comportamenti realmente virtuosi. Ovviamente non c’è certezza che la spiegazione degli incendi in questa torrida estate 2017 sia effettivamente questa, ma la successione di coincidenze è comunque inquietante, e dovrebbe far riflettere sulla potenziale distruttivita’ di certi incentivi economici sbagliati.
Tratto da: peopleconomy.it