Martedì 6 e mercoledì 7 novembre presso la Commissione Ambiente della Camera si sono svolte le audizioni di Utilitalia e di diversi gestori in merito alla legge “Disposizioni in materia di gestione pubblica e partecipativa del ciclo integrale delle acque”.
Ribadiamo che questo è il testo aggiornato della legge di iniziativa popolare presentato nel 2007 dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua con oltre 400.000 firme e poi depositato nella scorsa legislatura con il sostegno dell’intergruppo parlamentare per l’acqua bene comune. Successivamente ulteriormente aggiornato e depositato in questa legislatura a firma di diversi parlamentari del M5S.
Intendiamo denunciare la mistificazione che è stata fatta nel corso delle audizioni.
In primis, è evidente che l’attuale assetto di gestione non è assolutamente in linea con l’esito referendario del 2011 in quanto le aziende, a parte poche eccezioni, sono società di capitali che sottostanno alle regole del mercato e alla logica del profitto.
In particolare la vocazione delle grandi aziende multiservizio quotate in Borsa, ossia le “4 grandi sorelle” HERA, IREN, A2A e ACEA, non è quella di produrre servizi pubblici fondamentali, ma di “creare valore per gli azionisti”, e cioè di distribuire consistenti dividendi. Infatti, dal 2010 al 2016 esse hanno prodotto utili rilevanti e ne hanno distribuiti la grandissima parte: in termini cumulati, IREN, A2A, HERA e ACEA hanno realizzato utili per 3 miliardi e 257 milioni di EURO e hanno distribuito dividendi per 2 miliardi e 983 milioni di EURO ai soci pubblici e privati, pari al 91% degli utili!
Va anche decostruita la narrazione secondo cui l’intervento di ARERA (già AEEG e AEEGSI) abbia favorito l’aumento degli investimenti.
I dati parlano chiaro: il margine operativo lordo, la cosiddetta “ricchezza” prodotta, è in forte crescita, soprattutto in questi ultimi anni, dal 2014 ad oggi, non a caso da quando, a partire dal servizio idrico, si è arrivati alla nuova regolazione tariffaria di ARERA che, in spregio ai risultati referendari, garantisce certezza e incremento di profitti. In termini percentuali, il margine operativo lordo, sempre cumulando i dati delle 4 grandi multiutility, passa dal 17,4% rispetto al totale dei ricavi nel 2010 al 24,6% nel 2016. E questa crescita va in primo luogo ad alimentare i profitti, visto che – e questo è un altro dato di grande importanza – l’incidenza degli investimenti realizzati rispetto al margine operativo lordo cala progressivamente sempre più, passando dal 58,6% nel 2010 al 40,2% nel 2016.
Perseguire una strategia di questo tipo ha portato queste aziende ad avere una situazione di indebitamento decisamente alto, praticamente pari al proprio patrimonio netto e con valori elevati anche rispetto al margine operativo lordo. E’ questo il processo di finanziarizzazione che interessa anche queste aziende, il fatto cioè di operare in modo consistente nel mercato dei capitali e quindi di dover essere molto sensibili al corso azionario, che diventa così la variabile strategica delle scelte delle aziende stesse.
D’altra parte, gli ultimi dati ISTAT disponibili sulle perdite delle reti idriche sono impietosi: nel 2015 si attestano al 41,4% a livello nazionale.
Ciò dimostra anche come il nuovo “mantra” circa la necessità di favorire le economie di scala sia del tutto infondato.
Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua