VERITÀ E GIUSTIZIA PER LA MORTE DI FRANCO NISTICÒ: CHIUSO IL PROCESSO

Condannata la dott.ssa Morace del Suem 118 reggino, unica imputata, che il 19 dicembre 2009 si rifiutò di intervenire in soccorso di Franco Nisticò, colpito da un arresto cardiaco a conclusione del suo intervento sul palco della manifestazione nazionale “No Ponte”.

La lettura del dispositivo della sentenza è arrivata nella tarda serata di martedì 10 novembre 2015, all’interno di un’aula del Cedir di Reggio Calabria, dopo la requisitoria del Pm e le discussioni, – che hanno caratterizzato le battute finali del processo, – dell’avvocato Marco Sinopoli, difensore dei familiari di Nisticò, costituiti parte civile, e del difensore dell’imputata, e dopo una lunghissima Camera di consiglio. Il Tribunale di Reggio Calabria (collegio giudicante composto dal presidente Natina Pratticò e dai Giudici a latere Mattia Fiorentini e Giorgia Castriota) ha condannato a 2 anni di reclusione, condizionalmente sospesa, la dott.ssa Gaetana Morace, riconosciuta colpevole dei reati di omicidio colposo e di rifiuto di atti d’ufficio. Il Tribunale le ha comminato, inoltre, la pena accessoria dell’interdizione temporanea della professione per la stessa durata della pena principale e l’ha, infine, condannata al risarcimento del danno subito da tutte le parti civili, nonché al pagamento, in favore delle stesse, di una provvisionale.

Si è chiusa, così, una lunga fase processuale, durata quasi 5 anni e svoltasi nel corso di quasi trenta udienze, il cui esito ha confermato in toto l’impianto accusatorio avanzato e sostenuto dal Pubblico Ministero, dott.ssa Sara Amerio, che, per l’imputata, a chiusura della propria requisitoria, aveva richiesto una condanna a 2 anni e 6 mesi di reclusione.

La sentenza giunge a quasi 6 anni dalla morte di Franco Nisticò, avvenuta il 19 dicembre del 2009, quando lo stesso fu colpito da un arresto cardiaco a conclusione del suo intervento sul palco della manifestazione nazionale “NO PONTE”, in Piazza Chiesa di Cannitello a Villa San Giovanni. La dottoressa Morace – che al momento del malore del Nisticò si trovava, a bordo dell’ambulanza “Riva 4”, di tipo A (l’unica dotata di defibrillatore), a circa tre chilometri di distanza, in Viale Italia, nei pressi della stazione ferroviaria di Villa San Giovanni – era accusata, per come è dato leggersi in imputazione, di aver cagionato il decesso dello stesso, per colpa dovuta a negligenza. Negligenza consistente, in particolare, «nel rifiutarsi, benché tempestivamente e ripetutamente richiesta – dal vigile urbano del Comune di Villa San Giovanni, Fortunata Greco, ed altresì, del comandante del Corpo di Polizia municipale, Donatella Canale – di intervenire urgentemente con la citata ambulanza, in località Cannitello, presso piazza Chiesa, dove vi era una persona colta da malore (Francesco Nisticò, in arresto cardiaco) affermando loro che “non intendeva prendere disposizioni dal Comandante della Polizia locale” e che “comunque, non sarebbe intervenuta, perché bisognava chiamare il 118 di Scilla», nonché «nel rifiutarsi, con la citata condotta, di eseguire comunque un intervento di pronto soccorso, omettendo di effettuare, pertanto, con urgenza, l’unica manovra rianimatoria efficace per consentire la ripresa dell’attività cardiaca del Nisticò, costituita dalla defibrillazione, ed allontanandosi, successivamente, da Villa San Giovanni, per fare rientro a Reggio Calabria, abbandonandovi il Nisticò».

Viva soddisfazione, quindi, per la famiglia Nisticò, che fin dal primo giorno ha inteso condurre questa battaglia processuale con forza e determinazione, per illuminare di verità e dare giustizia alla tragica morte del compianto di Franco Nisticò, da tutti conosciuto per la passione politica e per le battaglie combattute in favore della messa in sicurezza ed ammodernamento della SS106 e dei diritti ed i bisogni delle popolazioni del Sud. Un attivista politico di altri tempi, che ha sempre lottato e manifestato per le cause in cui credeva, e che, per quelle cause, ha speso tutta la sua vita.

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