PRENDITI CURA DI TE

C’è aria di festa. Non si è ancora finito di commemorare i nostri defunti, che già qualcosa intorno a noi cambia. La gente si anima facendosi prendere dalla frenesia degli acquisti, anche solo per lievito e farina.
Nelle case, si sente odore di dolci aromatizzati alla cannella e per le vie del paese, si respira il fumo denso ed acre, che fuoriesce dai comignoli dei camini in piena attività. Pian piano, le lucine colorate e intermittenti che abbelliscono le strade, la scelta di quei pochi regali, ti ricordano che sta per arrivare il Natale, questa grande festa che riunisce le famiglie. Purtroppo, sono tante le famiglie che si ritrovano smembrate, qualcuno manca sempre, vuoi per cause di forza maggiore, vuoi perché viviamo in una società consumistica, dove tutto viene eliminato facilmente: sentimenti, affezioni, legami… riuscendo a sostituire tutto e tutti come pezzi di ricambio meccanici. Quei grandi festeggiamenti di una volta, tutta quell’armonia, per molti resta solo un lontano ricordo.
Ci si sente ancora più soli in questo momento e, inevitabilmente, si riaffacciano pensieri pieni di malinconia. Ripercorrendo la tua infanzia, ti verrà in mente quanto poco tu ti sia sforzato nello scrivere la tradizionale letterina di Natale, piena di buoni propositi e di brillantini, e per quanto la maestra delle elementari ti avesse incitato a scrivere di più, tu, pur sforzandoti, riuscivi a tirar fuori a malapena un piccolo riassunto.
Una timida letterina che ti avrebbe dato la possibilità di dichiarare apertamente l’amore che provavi verso i tuoi genitori. Nonostante tutto, il tuo entusiasmo e la tua emozione, erano concentrati sul dopo la lettura, non t’importava certo quello che c’era nel piatto, ma piuttosto quello che riservava il sotto piatto, rimanendo in trepidante attesa, ansioso di ricevere al più presto come premio un intenso abbraccio, che sapeva di dopobarba e di appartenenza. Poi, per te, il Natale, poteva anche finire lì.
È strano l’essere umano, vorrebbe dire ma non dice e, spesso, quello che dice non è esattamente quello che sente, però, sai com’è, se dici di voler bene apertamente, passa per debolezza: che hai bisogno di attenzioni, di sentirti protetto, che sei… un bambino.
Cavoli! Ma tu, sei veramente un bambino!
Mentre tutti si aspettano da te che non inciampi, che sei forte, ignorando il tuo percorso, la tua crescita personale ed il pensiero che puoi amare ugualmente pur rimanendo coraggioso, e che, anche se inciampi e resti a terra finché ti “serve”, puoi riuscire a rialzarti e a non provare alcun dolore proprio perché ami.
Devi esporti sempre a metà, e così non sei più tu… finché arriva un bel giorno, passi davanti allo specchio, ti guardi e ti vedi! Proprio così, ti guardi e ti vedi: “ma ché ruga profonda tra le sopracciglia! Questi sono i pensieri, troppi pensieri, pensieri inutili, dovrei pensare di meno!”
Fai per andartene, hai ancora un po’ di tempo e continui a specchiarti: “ma guarda! Le zampe di gallina!”. Cerchi di spianarle con le dita. Sei così appiccicato allo specchio che ti vedi le mani: “oddio mio, le macchie sulle mani e quando mi sono venute?”. Il dialogo s’infittisce tra te e te. Non avevi ancora notato quelle macchioline brune sulle mani, eppure le mani le hai avute sempre lì, sotto gli occhi, si può dire a portata di mano. Inaudito! Non vedi più te stesso, come puoi accorgerti del tempo che passa? Di questo tempo che avanza silente, che non ti risparmia di certo e che tra non molto finirà. Devi fare qualcosa… concediti un po’ di tempo, fermati e respira!
Butta via tutta quella spazzatura che ristagna in te e mantieni solo il meglio, adotta pensieri che ti fanno stare bene, magari i momenti più belli della tua vita, ed ascolta il bambino che eri. Non guardarti solo fuori guardati anche dentro: riuscirai a vedere chiaramente la tavola imbandita del Natale e ti accorgerai che non manca proprio nulla, anzi, ti sorprenderai nel vederti sorridere quando penserai a tuo padre che, dopo aver letto la letterina, prendendo un po’ di fiato ti dice… “bravo!”, regalandoti l’abbraccio tanto atteso. Dopo tutti questi anni, quando ci ripenso, mi rimane ancora un dubbio: perché quella luce scintillante nello sguardo di mio padre? Mah, forse era solo un riflesso della polverina magica incollata sulla letterina!… chissà?…

È giunta l’ora che io scriva la mia letterina, ho bisogno di una carezza…
“Caro papà, sono passati dieci anni dall’ultima volta che ti ho scritto, perdonami soltanto per averla resa pubblica allora, ma ho dovuto usare una valvola di sfogo potente per consentire al dolore di fuoriuscire dal mio corpo, mi stava schiacciando! Non ero abbastanza forte allora, anche se penso sia improbabile esserlo anche adesso. Come saprai, molte cose in famiglia non sono andate come avremmo voluto che andassero, ma grazie ai tuoi insegnamenti, siamo riusciti a rimare uniti, pur sopravvivendo. Io stessa, più volte, ho rischiato di farmi trasportare da insane correnti che avrebbero lasciato, lungo il percorso, solo detriti; ma l’amore per te mi ha aiutata, essendo tu da sempre la mia guida, la mia stella del mattino. I miei momenti di sconforto hanno come sottofondo le note della tua lirica preferita “l’ora è fuggita”, sai, anche se da bambina mi addolorava tanto, adesso mi riavvicina a te, appagandomi. Voglio ringraziarti per tutte le scarpe che mi hai comprato, e per aver provveduto ad ogni mia esigenza, permettendomi così di andare incontro adeguatamente al mondo ed alla vita. Ho molte più rughe in volto adesso, so che questo potrebbe dispiacerti, ma in compenso, sarai felice di sapere che il mio cuore non è cambiato, posseggo ancora un cuore di carne, e quando m’incontrerai, mi riconoscerai da quello. Ci tenevo a dirti che questa volta non mi ha aiutata la maestra a scrivere la lettera, ho fatto tutto da sola. Purtroppo, come le altre volte, non ti ho detto un granché; ma il nostro dialogo interiore, ci appagherà… è così intenso che mi permette di parlarti con gli occhi dell’anima che non hanno bisogno di parole. Non vorrei essere una preoccupazione per te, per questo ti prometto che io, tua figlia, d’ora in poi, mi prenderò cura di me!… Arrivederci papà.”
Il mio augurio a te che leggi, è che tu possa prenderti cura di te e perdonarti sempre.

La mia riconoscenza va a mia mamma, che continua a tenere unita la famiglia.

Considerato lo stato di allerta in cui ci troviamo, con la paura di questo virus in agguato che, oltre ad isolarci, minaccia di mandarci al creatore, quanto descritto nella prima parte è un ricordo di ciò che è stato, con la speranza che di nuovo sarà.

Adelaide Lazzarini

Tratto da: Cotroneinforma n.141

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.