OMNIA SUNT COMMUNIA. Tutte le cose sono comuni ovvero tutto è di tutti

L’inverno di Neocotro aveva oltrepassato il vertice della parabola ed era entrato nella propria fase discendente. Le giornate oramai si allungavano progressivamente e i primi timidi soli caldi, preludio dell’ardore primaverile che sarebbe arrivato di lì a poco, rigeneravano l’ecosistema risvegliando molteplici forme di vita. L’oscuro inverno aveva spalancato le sue porte a cerniera per aprirsi alla brezza, dolcemente calorosa, del soleggiato primo mattino.

Neandertalo, fuori dal suo piccolo pianterreno, cominciava ad assaporare l’ancor timida calura mattutina che gli consentiva di trascorrere alcune ore assolate davanti l’uscio di casa.

Qualche tempo addietro un caro amico che vedeva di rado, di Decollatone un paese vicino a Neocotro, gli aveva donato un libro che non aveva ancora iniziato a leggere e che aveva riposto sul comò intarsiato all’ingresso della sua dimora. Il romanzo si chiama Q di Luther Blissett.

In quelle novelle fragranti mattine di fine inverno aveva cominciato a prendere in mano quel libro, sfogliarlo, sventagliarlo, stropicciarlo come se avesse timore di iniziare la lettura.

Non era proprio al corrente di ciò che di lì a breve avrebbe scoperto e scatenato in lui una tale sensazione di impavida forza, tanto sovversiva e debordante, da fargli credere di essere in grado di smascherare le ingiustizie compiute da chiunque.

Comunque, nei vari trastullamenti mattutini un dì, finalmente, cominciò a leggere.

Già alla pagina 6, e ancora, repentinamente, già così presto alla 18, quand’egli non si era ancora ripreso dalla visione della pagina precedente, trovò ripetuto su quel prezioso manoscritto, e ancora per la seconda volta: «Omnia sunt communia».

Il nostro vecchio saggio, ovviamente, non conosceva il latino, ma capì di che lingua si trattasse, per cui prese un appunto su un foglietto di carta e, dopo aver recuperato in casa il tabacco con cui ammendare la sua pipa, si mise subito in moto per raggiungere un amico d’infanzia cultore degli studi classici. Sapeva di trovarlo in piazza e così fu.

Gli diede l’appunto e con sua grande sorpresa ebbe questa risposta: «Omnia sunt communia era un grido di battaglia di un pastore protestante tedesco, di cui non ricordo il nome, capo dei ribelli nelle guerre contadine della prima metà del 1500 e significa tutto è di tutti».

Neandertalo si ritrovò quasi stordito dall’eco che queste parole provocavano nel suo cerebro, senza che avesse la possibilità di impedire a quella forza maestosa che le parole stesse esprimevano di inondarlo di gioia. Aveva trovato il suo motto di battaglia. L’unica cosa che riuscì a proferire fu, recuperando il nome dalla recente lettura: «Quel pastore era Thomas Müntzer?». «Sì, proprio lui» fu la risposta dell’amico.

Neandertalo lo salutò e fece ritorno a casa. Mentre si apprestava a cucinare il suo bel pranzetto di erbe spontanee, verdure selvatiche di rara prelibatezza, cominciò a ricostruire ciò che era accaduto e stava accadendo in quel periodo a Neocotro.

Intanto la questione rifiuti. Era ancora in uno stato di profonda amarezza provocato dalle comunicazioni intercorse, qualche mese addietro, tra l’Amministrazione comunale e la società Skros che attestavano come nessuno dei due enti fosse responsabile delle isole ecologiche del territorio comunale.

Inoltre, in paese era iniziata la raccolta differenziata porta a porta, che di per sé era una gran bella cosa, ma Neandertalo – era risaputo – è una persona puntigliosa, un po’ perché ormai avanti con gli anni, un po’ per sua indole naturale. Quindi aveva cominciato a porre a se stesso una serie di ripetitive domande: “Perché non gestirla in proprio? E perché appaltarla? E perché accettare un subappalto? E chi vende e guadagna sui nostri rifiuti?”. E continuava: “Non è che alla fine ci perderemo? Non ne ricaveremo nulla? Nemmeno un centesimo in meno?”.

Non era il denaro ad interessarlo, ma avrebbe voluto aver tutto chiaro, anche dal punto di vista dell’economicità della scelta, e spiegare a tutti quanti cosa aveva scoperto. La debordante sovversione di smascherare le ingiustizie cominciava a farsi largo nel suo cervello. In modo incontrollato. Prese un foglietto e con i dati a propria disposizione buttò giù qualche numero.

Ricordava che il costo annuo del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti negli anni precedenti ammontava a circa 350 mila euro l’anno. Magari il dato non era perfettamente corretto, ma a lui serviva solo come base di partenza per buttar giù due conti. “Considerando che la Grandisservizi srl ha vinto l’appalto per circa 1 milione e 400 mila euro, ciò significa che il costo per il comune è di circa 280 mila euro l’anno” disse tra sé. “Allora il risparmio per le casse comunali è di 70 mila l’anno. Ma no! Mi sto sbagliando, dimentico qualcosa”. E intanto si sedette a tavola per pranzare. Con del buon vino casereccio.

“Certo, mancano i costi dello smaltimento in discarica!”. Ed allora recuperò le determine da cui ricavare tale dato. Più o meno 10 mila euro l’anno. “Va bene! Decurtiamole dai 70 mila. Allora 60 mila euro. Cos’altro si può considerare? Ah! Alcuni interventi della Serramonte srl subappaltataria del servizio”. Fece un calcolo sommario che lo portò a pensare che il risparmio poteva essere più o meno 35 mila euro. Tra un boccone e l’altro si disse “possibile che tutti i rifiuti recuperati, il 70% nei primi mesi, valgano solo così poco? Soltanto 35 mila euro? Boh! Non sono esperto in materia, ma credo che tutto questo rifiuto potesse essere smaltito in forma assolutamente migliore, anche dal punto di vista economico”.

Questione acqua. A Neocotro si era intrapresa, da qualche tempo, una battaglia per far sì che l’amministrazione riportasse nelle proprie mani la gestione del servizio idrico, attualmente in capo alla società AKro. La vertenza era iniziata grazie ai ragazzi dell’associazione “Neocotroinforma” che aveva iniziato un percorso di informazione e ascolto sulle possibili soluzioni al problema.

Neandertalo aveva accolto entusiasta queste iniziative ed aveva partecipato agli incontri pubblici in cui si era discusso delle plausibili strategie su come uscire dalla AKro e su come gestire il servizio in futuro.

Concordava con l’associazione promotrice della campagna sul fatto che la gestione dovesse essere pubblica e che le scelte in tal senso dovevano essere partecipate. Con questo spirito si apprestava a partecipare ad una nuova assemblea che si sarebbe tenuta di lì ad un paio di giorni.

Completò il suo pranzo e riprese in mano il romanzo per ricominciare a leggere. Si addormentò.

Era arrivato il giorno dell’incontro. Nel tardo pomeriggio Neandertalo si recò nella sede di “Neocotroinforma”. Dopo una breve discussione sullo stato della situazione si diede la parola ai partecipanti. Il nostro vecchio saggio non voleva attendere altri interventi e poiché era rispettato da tutti gli fu concessa la parola per primo. Subito sbottò: «Omnia sunt communia». Qualcuno intendeva il latino e lasciò fare. Altri non intesero, ma egli non diede tempo a nessuno di intervenire e continuò: «Stavo leggendo un libro ed ho trovato questo motto. Mi sembra appropriato per la nostra battaglia, anzi, le nostre battaglie. Perché non voglio dimenticare quella sui rifiuti e la raccolta differenziata». Come al suo solito era calmo e diretto: «La frase che ho appena citato significa: tutto è di tutti. Io la intendo così. Certamente ci sono degli argomenti, come l’ambiente e la salute, e dei beni comuni, in quanto tali, che non possono essere gestiti in modo privatistico e remunerativo. Certamente questi servizi riguardanti i beni comuni devono essere affidati ad enti pubblici e che i cittadini possano verificare con facilità il gradimento e l’efficacia dei servizi. Ma c’è un’altra cosa essenziale che ritrovo in quel motto. È che ognuno di noi ha diritto di esprimersi e partecipare alla discussione su quale siano le forme più appropriate di gestione. Non si può demandare ai soli rappresentanti eletti dal popolo la gestione di servizi così indispensabili, né tantomeno delegare, non interessarsene, attendere scelte arbitrarie e poi lagnarsi. Ciò non è corretto. Bisogna partecipare e responsabilizzarsi. Perciò io vi chiedo di approvare in quest’assemblea che sia il nostro grido di battaglia, da oggi e per l’avvenire. Allora la platea stupita cominciò ad inneggiarlo: «Bravo! Grande, nonno Neandertalo! Evviva gli anziani saggi!». Egli li bloccò e disse: «Non entusiasmatevi, siamo solo agli albori delle rivendicazioni». E si sedette per ascoltare gli altri interventi. Rientrò a casa colmo di speranza. Il giorno successivo non continuò la lettura del romanzo, ma si ripromise di farlo al più presto.

A Luther Blissett

L’inizio di una folgorante avventura

Tratto da: «Cotroneinforma», a. XXI, n. 123, novembre 2014-marzo 2015.

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