Dalla Guardia medica al poliambulatorio locale, all’intero sistema sanitario regionale
Come se non bastasse ritrovarsi l’ospedale più vicino, quello di Crotone, con mille criticità che ne depotenziano il funzionamento, adesso anche con le Guardie mediche i problemi fioccano e potrebbero non finire.
Nello scorso mese di dicembre, la Guardia medica di Cotronei non ha garantito alcuni turni. L’Azienda Sanitaria Provinciale l’ha motivata con la carenza del personale. Qualcuno più smaliziato ci ha visto una ragione economica poiché, con una sforbiciata sul monte straordinari dei medici in servizio, l’Azienda ha portato in saccoccia qualche risparmio. Chissà non siano soldi che poi vanno anche in premi di produzione a qualche dirigente per il raggiungimento degli obiettivi.
A quanto pare, giusto per restare soltanto a Cotronei (ma è ragionevolmente intuibile analoga situazione per altri comuni), i problemi potrebbero ripresentarsi. Infatti, ci sono soltanto tre medici in turnazione. Se qualcuno si becca un pur minimo malanno, la turnazione si complica, anche perché ai medici si è imposto un limite nello straordinario. Sacrosanto, perché il medico necessita del riposo fisiologico durante la giornata lavorativa. Sono lavoratori come gli altri e non missionari h24.
Però l’Azienda Sanitaria Provinciale non può pretendere che, per mere questioni contabili, una collettività si ritrovi senza un servizio pubblico vitale. Non può nemmeno pretendere di girare attorno ai problemi, con un cincischiare di dichiarazioni senza contenuti, poco aderenti alla realtà.
Il problema è il mancato turnover. I medici diventano sempre di meno; ma è l’intero settore sanitario pubblico provinciale che si è ridotto all’osso.
Sempre per restare soltanto a Cotronei (ma è ragionevolmente intuibile, ancora una volta, analoga situazione per altri comuni), nel poliambulatorio dell’Asp si manifestano criticità nella prestazione dei servizi a causa della mancanza di personale. A un dipendente che va in pensione non succede un nuovo assunto. Il lavoro, pertanto, ricade sui colleghi rimasti in servizio, costretti a spartirsi su uffici diversi.
E l’Azienda Sanitaria Provinciale non può pretendere che, per mere questioni contabili, una collettività debba sorbirsi le pene dell’inferno, o meglio, con lessico più consono, un servizio pubblico per nulla efficace ed efficiente.
Insomma, come la si gira, la questione sanità in regione Calabria e, ancor di più, nella provincia di Crotone, rappresenta un elogio alla follia.
Esistono tutta una serie di problemi atavici nel sistema sanitario provinciale, ma il blocco delle assunzioni negli ultimi vent’anni e la fuoriuscita del personale in pensione, hanno falcidiato i servizi e depotenziato l’intera organizzazione.
Le strutture private fungono, in molti casi, come valida alternativa nella diagnostica e nella cura. Ma non basta, perché la struttura pubblica resta pur sempre il “centro dell’universo” e poi tutta la burocrazia transita da quelle parti.
Non si può abbandonare il servizio pubblico lasciandolo depauperare giorno dopo giorno. La sanità è ancora commissariata, con ospedali che aspettano risorse economiche, le assunzioni sbloccate, l’emigrazione sanitaria alle stelle e, infine, i famosi Lea, i Livelli essenziali di assistenza, peggiori d’Italia.
Non regge nella logica delle cose e nella strutturazione civile di una società.
Allora, con la nuova legislatura della Regione, tutto il sistema sanitario dev’essere messo in discussione, rivendicando i servizi sul territorio dopo anni di lacrime e sangue, anni bui, di commissari straordinari e politici consenzienti/sottostanti alle “direttive romane”.
E, partendo dal piccolo, dai poliambulatori, dalle postazioni di Guardia medica, lo devono rivendicare i cittadini, nelle forme civili di protesta, da un presidio simbolico davanti la struttura a una mobilitazione di massa.
Lo devono rivendicare gli amministratori locali, dalla periferia, facendo sentire la voce e non il cincischio, battendo i pugni nella Conferenza dei Sindaci e nei contesti più appropriati.
Lo devono rivendicare gli enti intermedi e la Regione Calabria, interrompendo il vassallaggio alle logiche “romane” e alle regioni che fan cassa con i malati calabresi.
Occorre, immediatamente, recuperare l’ordinario e, con calma e senza fretta, rivendicare il maltolto.
Giap
Tratto da: http://cotroneinforma.org/wp-content/uploads/2020/02/139.pdf