MALASORTE
L’UNIVERSO SANITARIO CALABRESE
Domenica 25 novembre nel palinsesto di RaiTre alle 20.15 era prevista la puntata di Domenico Iannacone “I dieci comandamenti”. Iniziava, invece, un altro programma mentre in calce allo schermo scorreva l’avviso che Iannacone sarebbe iniziato alle 22.30.
Strano, molto strano.
“Malasorte”, puntata dal titolo emblematico dedicata alla sanità pubblica calabrese.
Grande giornalismo quello di Iannacone, dove alla capacità di raccontare storie sul campo si coniugano la dolcezza dei sentimenti e la ricerca di quelle emozioni capaci di dare una bella botta alle persone appiccicate al tubo catodico, ops, agli schermi al plasma.
C’è finito dentro l’universo sanitario regionale nella puntata di Iannacone, quell’universo che merita d’essere indagato dal buon giornalismo, quell’universo intriso di sofferenze, umiliazione, indignazione.
Gli ospedali calabresi, innanzitutto, strutture mai terminate e lasciate in pasto al vandalismo della povera gente, da Diamante a Oppido Mamertina a Rosarno. Immagini che portano incomprensione e rabbia.
Mausolei dove costerà meno buttarli per terra anziché ristrutturarli. Esempio della follia politica nella gestione del denaro pubblico. Quel poco che rimane in questi mancati ospedali, come i piccoli poliambulatori, sono destinati alla chiusura per il mancato turnover: un’agonia dettata dalle schizofreniche logiche dei Piani di rientro e dall’incapacità della politica regionale nel mettere ordine al sistema.
Il popolo s’indigna, protesta. Le telecamere di Iannacone raccolgono anime belle di calabresi, gente comune in questa regione, capaci di esternare il dissenso con passione, competenza e cognizione di causa. Da più parti si mette in essere l’inosservanza dell’articolo 32 di quella famosa Costituzione che, in Calabria, diventa carta straccia. Dal servizio non emerge lo stereotipo del calabrese piagnone, semmai di un popolo ricco di una rinnovata dignità, di una nuova consapevolezza dei problemi che portano a rivendicare giustizia e diritti.
C’è la malasanità nel servizio di Iannacone e c’è la dignità di una mamma che ha perso la figlia in una banale operazione chirurgica nell’ospedale di Vibo Valentia. Una mamma, una donna fragile e, allo stesso tempo, forte come l’acciaio e grande come una montagna, e che deposita nell’intervista parole come pietre, pensieri che sanguinano dall’anima.
C’è l’emigrazione sanitaria nel servizio di Iannacone e c’è la dignità di una mamma e di un papà di San Giovanni in Fiore nel gestire il problema del loro bambino in cura all’ospedale Bambino Gesù di Roma.
La storia di Giuseppe è la storia di tanti perché, come dice Iannacone, nelle malattie dei bambini diventano malate anche le famiglie e dietro a un bambino si ammala una comunità intera.
Gli equilibri familiari che saltano perché nell’ospedale di Crotone, piuttosto che quello di Cosenza non si gestiscono alcune patologie. La lunga lingua d’asfalto dell’autostrada collega gli approdi della speranza, e mesi a vivere in affitto, viaggi continui per controlli e un dispendio economico enorme nella già fragile situazione esistente. Chissà quante famiglie di calabresi si saranno viste in quella bella e giovane famiglia della città di Gioacchino.
“I dieci comandamenti” di Iannacone lasciano le lacrime agli occhi e l’inferno dentro, quasi una scomposizione dell’anima e il desiderio di buttare tutto in aria e ricominciare daccapo.
La sanità calabrese in Prima Repubblica, e dunque in epoca democristiana/socialista/comunista, è stata un ricettacolo di assunzioni clientelari con l’avvio di grandi strutture mai completate.
In Seconda Repubblica, per intenderci da Prodi a Renzi transitando per il berlusconismo, la sanità pubblica è stata praticamente abbandonata, lasciata come un vascello in mezzo all’oceano in tempesta, e la sanità privata abbondantemente finanziata non ha compensato la richiesta di prestazioni di eccellenza che hanno trovato risposta in altre regioni italiane, come in Lombardia dove i malati calabresi costituiscono un gran bel business.
In Terza Repubblica e con il governo giallo-verde, la Calabria continua a cucinarsi nel suo brodo, mentre alcuni media agiscono nella distrazione di massa. Si propongono forme estemporanee di assistenzialismo ma nessuna visione per affrontare i problemi reali, come quello sanitario.
Forse anche per questo un programma come quello di Iannacone, così all’improvviso, passa nel palinsesto in seconda serata in modo da essere visto da meno persone. L’informazione pubblica della Rai dovrebbe avere una maggiore responsabilità e autonomia dalla politica, specie quando si gestisce del buon giornalismo. Ma questa è tutt’altra storia.
Comunque sia, la polvere non potrà restare troppo tempo sotto il tappeto. I calabresi non sono più disposti a sopportare umiliazioni, discriminazioni e sofferenze a causa di discutibili logiche economiche e politiche. L’indignazione “strutturata” è nel corpo sociale della popolazione, senza distinzione alcuna per sesso, ceto e titolo di studio. E la puntata di Iannacone l’ha dimostrato perfettamente.
Pino Fabiano
Per quanti si sono persi la trasmissione, si può rivedere nel sito di RaiPlay al link: https://www.raiplay.it/video/2018/11/I-Dieci-Comandamenti-Malasorte-3f25cc1f-2a64-4742-a402-7ad14d542e1a.html