LA DOPPIA TRAPPOLA DELL’ATTUALE DEFINIZIONE DELL’ANTI-DUNPING E DELL’AUSTERITÀ INTERNA
A) Qualsiasi sistema socio-economico può essere intuito come un insieme di variabili interdipendenti. Farà una grossa differenza se la variabile lavoro, stabilita come variabile determinante del sistema, rimanda al lavoro a tempo indeterminato inteso come norma generale oppure al lavoro a tempo determinato. La Costituzione garantisce il lavoro dignitoso, la solidarietà nazionale e, nel quadro di una economia mista, l’intervento dello Stato per garantire gli interessi generali e l’utilità sociale. Inoltre, la Costituzione garantisce la democrazia economica e industriale.
La nostra Carta fondamentale, compatibile con il Sistema delle Nazioni Unite e con la Dichiarazione Universale di Diritti Fondamentali Individuali e Sociali, anch’essi nati dall’alleanza anti-nazifascista, rimanda ad una visione economica detta della «Regulation», oppure keynesiana nei paesi anglo-sassoni. Al centro di questa visione era posto il pieno-impiego con il lavoro a tempo indeterminato. Alla busta paga netta venivano aggiunti, oltre il salario differito, necessario per assicurare la previdenza e l’assistenza sociale, le tasse prelevate per finanziare i sistemi pubblici dell’educazione, della sanità, dei trasporti, in breve di tutte le infrastrutture pubbliche necessarie per assicurare la competitività macroeconomica nazionale e favorire la produttività microeconomica delle imprese. Queste tasse ritornavano, in parte, nelle tasche dei focolari grazie all’accesso universale ai servizi pubblici.
La contro-riforma neo-conservatrice di Volcker-Reagan (1979-1982) fu presto estesa alla UE e all’Italia. Il Trattato di Maastricht fu adottato di pari passo con il nostro Patto sociale del 1992. Segnarono l’inizio dello smantellamento dello Stato sociale. In particolare, i diritti del mondo del lavoro, baricentro del sistema socio-economico, furono sottomessi ad una feroce regressione portata avanti sotto la bandiera della flessibilità del mercato del lavoro. Il Jobs Act e lo smantellamento dell’articolo 18 rappresentano le ultime tappe di questo tentativo di « ritorno » ad una società della nuova domesticità e della nuova schiavitù.
B) I meccanismi dello Stato sociale erano protetti dal regime finanziario e commerciale mondiale. (1) La contro-riforma neo-liberale sta smantellando questo sistema di protezione. Mentre prima la definizione dell’anti-dumping salvaguardava in parte il salario differito ed i diritti sociali, oggi tutti i trattati di libero scambio assieme all’OMC impongono una nuova definizione dell’anti-dumping che impedisce ogni referenza ai diritti del mondo del lavoro oppure ai criteri ambientali minimi, incluso il principio di precauzione. In questo modo, con l’aggravante nazionale, si impone una concorrenza di tutti i lavoratori sul mercato globale del lavoro. Questa concorrenza si svolge unicamente sul «costo del lavoro» ridotto al salario netto individuale, distruggendo in effetti tendenzialmente il salario differito e tutti i diritti sociali e ambientali. Dato che la generalizzazione della precarietà porta all’allargamento della no-tax area, spinge pure al fatale indebolimento della fiscalità generale, dunque del potere di intervento dello Stato. Basta paragonare i salari tra Centro e Periferia europea o mondiale per afferrare la gravità di questo globalismo neo-liberale. (2)
C) Questa austerità neo-liberale è contraria alla lettera ed allo spirito dei principi cardini della nostra Costituzione. Contraddice pure l’impianto dell’economia mista. Nondimeno, fu costituzionalizzata nel 2012 con la modifica dell’articolo 81 – il vero Fiscal Compact auto-inflitto –, una modifica appoggiata dall’Articolo 97, il cosiddetto Patto di stabilità interno. (3) Abbiamo qui il fondamento della politica di privatizzazione e dei tagli alle spese sociali imposti dalla cosiddetta «spending review» e da leggi di stabilità sempre più regressive. Il fallito federalismo fiscale, pretesto per i tagli nelle risorse trasferite agli Enti locali e, de facto, pretesto per il disastroso abbassamento dei LEA, completa questa regressione socio-economica anti-repubblicana senza precedente sin dal dopo-guerra.
D) In un regime anche moderatamente democratico le conquiste popolari non possono mai essere combattute frontalmente. Perciò, i dirigenti neo-liberali, neoliberisti e spinelliani attuali preferiscono innescare i processi socio-economici che gli permettano di centrare gli obbiettivi a medio-lungo termine in un modo meno conflittuale ma sempre inesorabile. E chiaro che il nuovo quadro neo-liberale nazionale e globale scaturisce la logica che porta alla pauperizzazione ed alla precarietà generale. Il Jobs Act, con la drastica riduzione dello Statuto dei lavoratori, evidenzia un clamoroso fallimento: non solo non ha creato più impieghi di quando sarebbero stati creati naturalmente con la lenta uscita dalla crisi, ma inoltre ha soprattutto generalizzato la precarietà con i licenziamenti senza valida causa economica o giuridica. (4) Lo conferma l’esplosione dei voucher. Nel 2015, a regime, il Jobs Act costò 18 miliardi di euro senza rafforzare la base contributiva – salario differito, ecc. – o fiscale nella busta paga lorda o nei conti dell’INPS. Cose che si sarebbero avverate con una riduzione generale del tempo di lavoro. Si distrugge così il sistema di previdenza e di assistenza sociali sanciti dalla Costituzione in favore di un sistema caritativo privato, spesso confessionale. Questo avviene nel quadro di una fiscalità generale evanescente in modo che i programmi di contrasto alla povertà, come il REI, non riescono nemmeno a coprire la metà dei quasi 5 milioni di aventi diritto già ridotti al livello della povertà assoluta. (5) Con un ISE stabilito a 3000.00 euro di reddito annuo e 5000.00 euro immobiliari per un nucleo familiare, il sistema neo-liberale lavorativo, previdenziale e assistenziale funziona in realtà come una macchina a pauperizzare i cittadini, incitandoli ad accettare la nuova schiavitù dei voucher o del lavoro al nero per sopravvivere. Dobbiamo sottolineare, inoltre, l’inadeguatezza delle statistiche della disoccupazione. Importa sapere cosa entra nel numeratore e nel denominatore di questo tasso. Le statistiche ufficiali vengono compilate dall’ISTAT secondo le regole dell’Organizzazione Mondiale del Lavoro: sono considerati occupati le cittadine/i che hanno lavorato una sola ora durante l’ultimo periodo di investigazione. I veri numeri della disoccupazione e della sotto-occupazione sono occultati. Vengono esclusi gli scoraggiatati e tutte le categorie di sotto-occupati, come pure tutti quelli relegati a corsi di formazione sprovvisti di ogni reale sbocco lavorativo, senza dimenticare i migliaia di giovani costretti a subire fasulli tirocini di apprendistato senza nessuna remunerazione e con protezioni aleatorie. (6) In Italia, si aggiunge un aggravante, cioè l’immigrazione. Sappiamo che quasi 5 milioni dei nostri concittadini emigrarono sin dall’inizio della crisi nel 2007-2008, portando ad un nuovo e disastroso «brain drain». Purtroppo, la stessa logica sta producendo gli stessi effetti ovunque, anche se ad un livello minimo paragonato a quello italiano, le ultime statistiche parlano di oltre 45.000 Italiani ritornati in Italia nel 2016. (7) L’immigrazione di massa, altra pesante variabile di aggiustamento socio-economico per i nostri dirigenti sempre più comprador (8), non funziona più. Si aggiungeranno presto gli effetti della nuova automatizzazione e robotizzazione dei processi di produzione in modo che, senza riduzione generale del tempo di lavoro a salario inizialmente uguale, si aprirà una crisi insormontabile. Emblematicamente, in Italia ed in Calabria, risulta più utile riferirsi al tasso di occupazione, rispettivamente del 57,2 % e del 39,6 % nel 2016 per la fascia di età 15-64 anni, piuttosto che al fasullo e strumentalizzato tasso di disoccupazione ufficiale. (9)
La storia delle rivendicazioni disattese del nostro Comitato Cittadino per il Lavoro Dignitoso (CCLD) di San Giovanni in Fiore (CS) testimoniano del fallimento di questo ciclo di contro-riforma neo-liberale, neoliberista e spinelliano. Purtroppo, i soldi non mancherebbero se venissero messi a profitto nel quadro di una pianificazione nazionale, regionale e locale almeno strategica. Per quello che riguarda i Fondi europei, secondo la Corte dei Conti, per la Programmazione 2014-2020 : « Al 30 giugno 2017 il livello di attuazione ha raggiunto il 10,19%, per gli impegni, e il 3,16%, per i pagamenti»! (10) Quando vengono utilizzati, prendono spesso la forma di un trasferimento diretto di soldi pubblici nelle tasche private per progetti individuali privi di ogni sinergia sul territorio. Il nostro CCLD ha invece proposto il ritorno alla Costituzione, cioè allo strumento dell’intervento statale tramite cooperative o Enti pubblici. L’articolo 107 del Trattato di Funzionamento della UE lo permette nelle regioni con forti disparità regionali e sociali. Per attingere ai fondi europei – che sono comunque fondi pubblici italiani – basta avanzare un cofinanziamento dal 25% al 50-60% secondo le tematiche. Puntando sulle sinergie, si potrebbe dunque mettere in piedi una strategia di sviluppo locale, certo modesta ma cumulativa, anno dopo anno. La pauperizzazione e lo spopolamento del nostro entroterra non sono una fatalità: è tutto una questione di volontà politica e di scelte socio-economiche. Ad esempio, il CCLD propone di gestire la voce del cofinanziamento nel bilancio nazionale e regionale in modo da permettere l’intervento pubblico avanzando il cofinanziamento ogni volta che gli interessi generali e l’utilità sociale lo impongono. Almeno si vieterebbe la vergogna dei fondi europei ritornati indietro perché non utilizzati.
Paolo De Marco
Comitato Cittadino per il Lavoro Dignitoso di S.Giovanni in Fiore
11 Febbraio 2018
Note:
1) Il regime di Bretton Woods riposava sulla convertibilità in oro del dollaro americano e oro-dollaro delle altre monete nazionali. Inoltre, in seguito al Glass Steagall Act (1933) adottato dall’Amministrazione F. D. Roosevelt, i quattro pilastri finanziari, cioè banche di depositi, banche commerciali, casse popolari o credit unions, e assicurazioni erano funzionalmente segregati. Questo per prevenire o almeno frenare la speculazione responsabile della Grande Depressione. Il Glass Steagall Act fu abrogato nel 1999, scelta speculativa subito imitata globalmente. Al livello commerciale, il GATT offriva una protezione tariffaria negoziata anche se periodicamente diminuita fine alla sua quasi completa eliminazione con il passaggio neo-liberale all’Organizzazione Mondiale del Commercio istituita il 1 gennaio 1995.
(https://it.wikipedia.org/wiki/Organizzazione_mondiale_del_commercio ) Oggi si globalizzano tutti i servizi, finanziari ed altri, incluso l’educazione e la sanità.
2) Per il paragone dei salari netti e lordi in Europa, vedi «List of European countries by average wage» in https://en.wikipedia.org/wiki/List_of_European_countries_by_average_wage ; usualmente si riferisce pure al salario medio messicano o cinese. In questa corsa al salario neo-liberale, stabilito con riferimento ad una inesistente soglia fisiologica minima, nessuno può dimenticare il mezzo miliardo di Dalits in India ridotti ad una aspettativa di vita media di 40-42 anni. La competizione globale e la necessaria riforma dell’attuale anti-dumping riguardano anche loro. Per un breve riassunto della definizione dell’anti-dumping vedi l’«Appendice» dell’ «Appello», in http://rivincitasociale.altervista.org/appello!/
3) Per l’Articolo 81, vedi: https://it.wikipedia.org/wiki/Articolo_81_della_Costituzione_italiana ; l’Articolo 97 completava la regressione contenuta nella modifica dell’Articolo 81. Lo faceva in spirito reaganiano, benché la nostra Costituzione sancisse una «Repubblica una e indivisibile» assai differente del federalismo americano. Per le Regioni meno agiate, cominciava la discesa in inferno, ad esempio per la Calabria.
4) Vedi Jobs Act: è finito l’inganno. Crollate le assunzioni nel 2016 di Redazione Contropiano: http://contropiano.org/news/news-economia/2017/02/24/jobs-act-finito-linganno-crollate-le-assunzioni-nel-2016-089229. Vedi pure Marta Fana. “Non è lavoro, è sfruttamento” di Noi Restiamo http://contropiano.org/news/cultura-news/2017/11/02/marta-fana-non-lavoro-sfruttamento-097235 . Oggi, con risultati prevedibili, si annuncia la riduzione degli esoneri e la modifica dei voucher.
5) Vedi «Un’Alleanza contro la povertà da fine ’800» di Giordano Sivini, http://contropiano.org/news/politica-news/2017/04/16/unalleanza-la-poverta-fine-800-090954. Oggi nel nostro Paese oltre 11 milioni di cittadine/i rinunciano alle cure mentre il ticket sanitario – la cosiddetta «compartecipazione» – aumenta in un sistema sanitario sempre più privatizzato e disfunzionale. Nel 2016, la mobilità passiva in crescita incontrollata in Calabria ha raggiunto 305 milioni di euro sopra una spesa complessiva di 3,59 miliardi di euro, pari al 67% del bilancio di competenza della regione; vedi: http://www.strettoweb.com/2015/12/regione-calabria-approvato-a-maggioranza-il-bilancio-di-previsione-per-gli-anni-20162018-e-la-legge-di-stabilita-2016/360919/
6) In altri paesi, ad esempio in Francia con l’INSEE, si danno «les vrais chiffres du chômage». Vedi la mia denuncia iniziale nella «Note **» del mio Keynesianism, Marxism, Economic Stability and Growth (2005) nella sezione Livres-Books del sito www.la-commune-paraclet.com.
7) Vedi la tabella in «Cala la popolazione e sale la mortalità. Ma non è un caso…» di Redazione Contropiano, in http://contropiano.org/news/politica-news/2018/02/08/cala-la-popolazione-sale-la-mortalita-non-un-caso-0100621
8) La nostra élite comprador è poco efficiente anche paragonata alle altre di stessa natura. Questo è dimostrato nel rapporto neo-liberale «The Global Competitiveness Report 2016–2017» https://www.weforum.org/reports/the-global-competitiveness-report-2016-2017-1 . Il nostro Paese vede la sua posizione deteriorata passando dal 43° posto al 44° posto su 138 paesi considerati. Il rapporto sottolinea che le riforme neo-liberali non hanno portato frutto soprattutto per quello che riguarda il mercato del lavoro e la gestione finanziaria (pp. 29-30). A tale punto che la Confindustria fu costretta a notare che, paradossalmente, i paesi con salari più alti si ritrovavano ai primi posti della classifica. Però non mi sembra che Charles Schwab e gli altri dietro questi rapporti siano in grado realmente di capire il perché del paradosso. Vedi «Bocciati Monti e Fornero su flessibilità del lavoro, l’Italia nella classifica su 193 Paesi: Quarantatreesimo posto (43), dietro Tunisia e Barbados» in https://versounmondonuovo.wordpress.com/tag/flessibilita-del-mercato-del-lavoro/
9) Le percentuali sono drammatiche se si tiene conto della fascia di età 15-74 anni secondo l’usanza europea. Vedi https://laspezia.cronaca4.it/wp-content/uploads/2017/03/appendice_20170315_mercato_lavoro_2016_v05_web.pdf . Il governo Gentiloni ha stabilito l’età pensionabile per i lavori usuranti a 66 anni e sette mesi mentre gli altri lavoratori seguiranno al meglio l’andamento dell’eventuale aumento dell’aspettativa di vita … Vedi: «Arriva il decreto per le 15 categorie di lavoratori “salvati” dall’aumento dell’età pensionabile».
Gentiloni: “Il sistema pensionistico non va scardinato. Vanno protette le fasce più esposte della società”, 02 Febbraio 2018, http://www.repubblica.it/economia/2018/02/02/news/arriva_il_decreto_per_le_15_categorie_di_lavoratori_salvati_dall_aumento_dell_eta_pensionabile-187911765/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P4-S1.8-T1
10) Vedi: «L’Italia ha versato alla Ue 37 miliardi in sette anni. Ma rischia di nuovo di non spendere i soldi che ha a disposizione», Il rapporto della Corte dei Conti. Dalle discariche abusive agli aiuti alle imprese, il mancato rispetto di alcune sentenze ha portato a pagare in 5 anni 400 milioni di sanzioni aggiuntive. La corsa alla spesa ha salvato i fondi in scadenza al 2015, ma ora siamo di nuovo indietro. De Vincenti: “Cifre superate, ora siamo in linea con gli obiettivi”, di Raffaele Ricciardi, 6 Gennaio 2018, http://www.repubblica.it/economia/2018/01/06/news/fondi_europei_corte_dei_conti-185868210/?ref=search
Tratto da: http://cotroneinforma.org/il-lavoro-al-tempo-della-crisi/