Voci di periferia incontra “A” rivista anarchica, e lo fa nel circolo Arci “cucine del popolo” a Massensatico (RE). Aprendosi a quello che è il pensiero libertario, cercando di capirne l’attualità, le radici sicuramente profonde che ne hanno permesso la sopravvivenza, in un’epoca di in cui gli ideali sembrano percepiti dalla stragrande maggioranza delle persone come anacronistici. Infatti, nonostante lo spessore e l’attualità dei temi trattati, non si può non notare l’assenza di persone al di sotto dei cinquant’anni.
Libertarismo, dal francese libertaire, è un termine che indica un ideale e una filosofia, comprendente scuole di pensiero afferenti ad aree egualitariste di sinistra accomunate dal considerare la libertà come valore fondamentale, anteponendo la difesa della stessa ad ogni autorità o legge. Il libertarismo mira cioè ad una forte limitazione o ad una eliminazione del potere dello Stato e di tutti quegli enti che limitano o avversano la giustizia sociale e la libertà individuale e politica, questi ultimi due tra i punti cardine per i quali il libertarismo tende a una loro massimizzazione.
Quindi, incontrare Paolo Finzi redattore e fondatore della rivista “A” (nata nel 1971), dà vita a uno scambio interessante generando in me interesse verso questo pensiero che ha come fine la libertà, quella vera e non per citare un grande scrittore (Charles Boukowski) una schiavitù mascherata. “La schiavitù non è mai stata abolita, è stata solo estesa per includere tutti i colori della pelle”.
E quel che fa male è la costante diminuzione di umanità di coloro che combattono per tenersi lavori che non vogliono ma temono un’alternativa peggiore. Le persone semplicemente si sono svuotate. Sono corpi con teste ubbidienti e piene di paura. Il colore abbandona i loro occhi. La voce s’imbruttisce. E il corpo. I capelli. Le unghie. Le scarpe. Tutto s’imbruttisce. Non so se mai Bukowski sia stato associato al pensiero libertario ma mi assumo la “responsabilità” di farlo io.
Ma torniamo al nostro incontro. Una delle domande che rivolgo a Paolo Finzi è: “la filosofia libertaria oggi sembra non trovare una diffusione rilevante tra i giovani, si potrebbero fare molte analisi sul perché ma mi limito a porre questo dato come elemento di riflessione, cosa ne pensi?”
Paolo risponde: “esserci nonostante tutto, mantenere in vita una filosofia politica realmente alternativa al sistema attuale.”
La risposta di Finzi è interessante come lo è l’intervento di Carlotta Pedrazzini che nella prima parte dell’incontro ci racconta di Emma Goldman. Non posso non riportare in questo articolo parte dei temi e del pensiero trattati della stessa nel suo percorso libertario, sapientemente illustrati da Carlotta.
Emma Goldman (Kovno, 29 giugno 1869 – Toronto, 14 maggio 1940) fu un’anarchica, femminista, saggista e filosofa statunitense di origine russo-lituana, che svolse un’importante compito nella diffusione del pensiero anarchico classico in Europa e Nordamerica. Subì diversi arresti negli Stati Uniti d’America, i più clamorosi dei quali per diffondere informazioni sulle modalità di controllo delle nascite. Costretta a lasciare gli Stati Uniti d’America perché sotto minaccia di deportazione, visse in seguito tra Francia e Canada, paese in cui trascorse gli ultimi anni. La storia, scriveva la Goldman, ci ha insegnato che ogni classe oppressa ha ottenuto la sua liberazione dagli sfruttatori solo grazie alle sue stesse forze. È dunque necessario che la donna apprenda questa lezione, comprendendo che la sua libertà si realizzerà nella misura in cui avrà la forza di realizzarla. Perciò sarà molto più importante per lei cominciare con la sua rigenerazione interna, facendola finita con il fardello di pregiudizi, tradizioni ed abitudini. La richiesta di uguali diritti in tutti i campi è indubbiamente giusta ma, tutto sommato, il diritto più importante è quello di amare e di essere amata. Se dalla parziale emancipazione si passerà alla totale emancipazione della donna, bisognerà farla finita con la ridicola concezione secondo cui la donna per essere amata, moglie e madre, debba comunque essere schiava o subordinata. Bisognerà farla finita con l’assurda concezione del dualismo dei sessi, secondo cui l’uomo e la donna rappresentano due mondi agnostici. E a proposito della contraccezione, in una lettera inviata al compagno anarchico Max Nettlau scriveva: “Ho imparato che tutti gli uomini latini trattano ancora le loro mogli o le loro figlie come esseri inferiori e che le considerano semplici macchine da riproduzione, come facevano gli uomini dell’età della pietra… L’uomo più moderno si comporta ancora come Adamo, con le sue inibizioni verso la donna… Devo ancora incontrarla, questa donna che vuole avere tanti bambini. Ciò non significa che io abbia mai negato il fatto che la maggior parte delle donne vogliano avere un bambino, sebbene anche questo sia sempre stato esagerato dai maschi. Ho conosciuto un discreto numero di donne che, pur essendo femminili fino all’osso, non possedevano quello che dovrebbe essere l’innato spirito materno o desiderio di avere figli. Vi sono senza dubbio delle eccezioni. Ma come si sa le eccezioni confermano la regola. Ammettiamo pure che ogni donna voglia diventare madre, a meno che non sia ottusa ed ignorante e che non abbia un carattere esageratamente passivo, una donna vuole tanti figli quanti decide di averne. Certamente le abitudini e le tradizioni giocano una parte di enorme importanza nel creare desideri artificiali che possono diventare quasi una seconda natura. La Chiesa, in particolar modo la Chiesa cattolica, ha fatto il possibile per convincere la donna a sottostare a ciò che ha ordinato Dio riguardo alla riproduzione. Ma forse ti interesserà sapere che fra le donne che si rivolgono a cliniche specializzate nel controllo delle nascite, le donne cattoliche, incuranti dell’autorità esercitata su di loro dal clero, rappresentano una percentuale molto alta”.
Oggi sia pur in altro modo, la società occidentale non offre alle donne una vita migliore, la schiavitù del lavoro nelle forme di precariato ed emigrazione di massa che produce un popolo “nomade” sottopagato e in costante competizione, la filosofia della produttività elemento alla base di ogni rapporto di lavoro, non è elemento di evoluzione ma una clava con la quale viene colpita l’essenza dell’essere donna. Oggi per molte donne in occidente fare figli è un lusso, questo di certo è per quella parte delle donne che vorrebbero realizzarsi anche nella maternità. Una violenza inaudita che il nostro sistema economico e sociale impone ad esse. Altra realtà terrificante riguarda il mondo islamico che in alcune delle sue espressioni definite radicali, tratta le donne al pari delle bestie d’allevamento.
In definitiva l’incontro con “A” mette in discussione i fondamenti della nostra società aprendo delle riflessioni che ci auguriamo possano diventare di massa. Pertanto, liberarsi da dogmi religiosi, sociali ed economici diventa un percorso di acquisizione di consapevolezza necessaria all’evoluzione individuale da coniugare a un movimento di massa.
Dario Vincenzo Grassi
Tratto da: http://cotroneinforma.org/wp-content/uploads/2017/10/132.pdf